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sfruttamento della prostituzione - Innanzitutto, il origine materiale del diritto penale secondo quanto stabilito dall articolo 25 2°co della nostra Costituzione, dispone che la condanna del comportamento dipende dalla

reale idoneità diretta a violare il bene giuridico che la regolamentazione difende, nei reati di offesa, o che con la stessa la nostra legge condanna, nei illeciti di scopo. A riguardo, la condotta è valutato riguardo all idoneità dell offesa e alla sua scopo reale. Nella circostanza analizzata, la ragionevolezza della regola, che può essere ricavata anche dall attuazione della Legge Merlin tramite gli articoli 600 e ss del c.p., è volta a difendere la rispettabilità e l autonomia dei soggetti contro quegli atteggiamenti che mostrano forme di sottomissione all autorità degli altri con l aggressività, minaccia, inganno, utilizzo eccessivo di potere, approfittando di situazioni di subordinazione a livello fisico o psichico, o perfino di necessità.

Se nella norma di cui si parla, implica tutto questo, non si può ritrovare nella condotta della prostituta nel suo contesto lavorativo un atteggiamento, proprio, che danneggia il bene giuridico e tutto ciò sia in relazione al principio dell offesa che sottomette la pena al reale danno del vantaggio difeso dalla norma sia, da una diversa prospettiva, per la assenza del elemento psicologico del supposto favoreggiamento, poiché

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a proposito del cliente non si può trarre, senza verifiche contrarie, l intenzione generale di complicità nel reato di sfruttamento della prostituzione.

Inoltre quest atteggiamento, ritenuto come forma accessoria riguardo al rapporto principale, rapporto sessuale con la prostituta, appare nella contesto separato e svincolato dal atteggiamento principale e privo di valore in termini fattuali.

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traffici di sostanze stupefacenti:

Secondo quanto stabilito dal primo comma dell art.73 D.P.R. 9 ottobre 1990: “Ogni soggetto, privo di autorizzazione in base all art. 17, semina, prepara, realizza, ricava, depura, spartisce, vende, commercia, porta con sé, fornisce ad altri individui, spedisce, trasmette in transito, assegna per qualsiasi motivo sostanze stupefacenti o psicotrope secondo quanto previsto dalla tabella I prescritta dall art. 14, è condannato con la reclusione da 6 a 20 anni e con una pena pecuniaria da € 26.000 a€ 260.000”.

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In particolare, la condotta che consegue dalla cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope si distingue da quella del “vendere”, perché per quanto riguarda la cessione non è previsto un pagamento. Con la cessione ci si riferisce a , oggettivamente, dare o consegnare ad altre persone sostante stupefacenti. Inoltre, il reato di cessione si respinge, per inadeguatezza del mezzo, ogni qual volta che il principio attivo che si trova nelle sostanze che sono date è talmente basso da non provocare un effetto alterante.

In questa circostanza il fatto è soltanto apparente, ma non sostanziale, in conformità al profilo legale, perché non si può provocare un esito drogante per il soggetto. Per questo motivo, in questa circostanza non è presente il supposto principio dell offesa del comportamento messa in atto dal soggetto agente.

Poi, è necessario rapportarsi alla situazione del reato impossibile, ex art. 49 c.p. (Illecito presunto per errore e illecito impossibile), nel caso in cui il principio attivo presente in piccola quantità tale da non essere in grado di provocare un vero esito drogante per il soggetto.