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Il reato di dissesto fraudolento a livello societario ha subito delle modifiche sia perché si è avuta la trasformazione di alcuni aspetti caratteristici dei reati societari prima menzionati, sia perché alcune tipologie di reato sono state eliminate, sia infine per la presupposizione di un fatto, il fallimento appunto, considerato in una relazione di causalità con il mandato delle azioni stabilite.
Il suddetto termine (1), tuttavia, rientra nell ambito giuridico e sta a specificare le situazioni di fallimento fraudolento (art. 223, comma 1) e semplice (art. 224, n. 1), messe in atto dalle amministrazioni (funzionari e liquidatori), dai dirigenti e dagli istituti di controllo (i soli sindaci) delle imprese che dichiarano fallimento.
A livello comune il termine sta a specificare una sottocategoria del dissesto improprio(2), ossia del dissesto stabilito, rispetto al soggetto attivo del reato, dal fatto di essere attuato da persone differenti dal bancarottiere, dall imprenditore, rispetto all effetto materiale, dal fatto di riferirsi al patrimonio e alla contabilità di proprietà di soggetti differenti da quello che ha commesso il reato (3).
Lo stesso termine, poi, fa riferimento anche alla circostanze di dissesto fraudolento, altresì puniscono, per dissesto fraudolento e semplice, gli organi amministrativi e aziendali prima citati che, per dolo o con operazioni dolose o violazione degli obblighi previsti dalla legge, abbiano determinato, nella seconda circostanza anche peggiorato, il fallimento societario.
L art. 223, comma 2, n. 1, punisce, invece, per dissesto fraudolento e con le punizioni previste dall art. 216, comma 1, sempre che si dichiari fallimento dell azienda, gli organi amministrativi societari che abbiano commesso attività aziendali illecite così come previsto dalle disposizioni del Codice civile.
La stessa disposizione è stata oggetto di studio del nostro ordinamento giuridico in virtù della ormai accettata modifica dei reati aziendali, prevista dall art. 11, legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 ( in breve, legge n. 366/2001)(4) ed attuata dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, in vigore dallo scorso 16 aprile 2002 (di seguito, D.Lgs. n. 61/2002)(5); (l art. 11, lett. g), della legge n. 366/2001 chiedeva di «rimodellare le norme sui reati da fallimento che citano in giudizio i reati aziendali, decretando che la punizione venga attuata soltanto alle condotte aggiuntive di reati aziendali che abbiano determinato o contribuito a determinare il fallimento».
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L accertamento delle modifiche apportate al suddetto reato, che da ora in poi sarà chiamato dissesto da reato aziendale, presuppone varie analisi sulla legge vigente, soprattutto in merito alla definizione giurisprudenziale dello stesso.
Il dissesto da reato aziendale nella legislazione vigente. L art. 223, comma 2, n. 1, nella legge vigente, stabiliva che agli amministratori funzionari, ai dirigenti, ai sindaci e ai liquidatori di imprese che avevano dichiarato fallimento fosse prevista la punizione attesa dal comma 1 dell art. 216(6) nel caso in cui avessero commesso «ognuno delle azioni stabilite dagli artt. 2621, 2622, 2623, 2628, 2630, comma 1, del Codice Civile».
Ciò che veniva, invece, espresso in giurisprudenza (7) e in dottrina (8) non consentiva che la norma analizzata introducesse una circostanza di aggravio dei reati aziendali nella stessa stabiliti e si proponeva di considerare la natura indipendente del reato, resa valida dalla ritenuta attuazione anche alle stesse azioni di dissesto della circostanza di aggravio di cui all art. 219, comma 2, n. 1(9). La materia giuridica, maggiormente sostenuta, considerava la forma di rischio presunto (10): in particolar modo, riteneva presunta l offesa delle persone giuridiche tutelate, di conseguenza, l interesse dei creditori alla salvaguardia del capitale sociale.
Altresì, si sosteneva che, per la configurazione del dissesto da reato aziendale, non era necessaria la sussistenza di un nesso di causalità tra l azione, prevista dalle norme del Codice civile, e la bancarotta dell impresa. Era logico che, per il dissesto da reato aziendale, fossero attribuite attività e soprattutto dati sociali non veritieri compiuti nel tempo, semmai anche da collegare a soggetti diversi da quelli che, con successive attività illecite, avevano determinato la crisi economica e finanziaria dell impresa.